Ho appena messo giù il telefono con mia mamma e non posso pensare ad una conversazione più rassicurante. Noi ci sentiamo tutti i giorni, in più c’è il messaggino del buongiorno e della buona notte…
Ci stavo pensando perche’ oltre all’affetto naturale che ci lega, c’e’ un aspetto di questo appuntamento fisso a cui ho iniziato a pensare solo di recente.
Non e’ una cosa che faccio perché devo, ma perché è un appuntamento essenziale: un porto sicuro, un rito che mi tiene a contatto con la vita.
Alcune volte ci ripetiamo le stesse cose: “come va?” “Hai dormito bene questa notte? Non ti sento ancora tanto sveglia”, oppure: “oggi vai a Milano o rimani a Torino a lavorare da casa?”
Sono tutte parole semplici, frasi molto rassicuranti, talmente rassicuranti da non poterne fare a meno per il ritmo della mia giornata.
Ogni volta che metto giù il telefono sono sereno, perché so che lei c’è, che mi pensa, che si preoccupa per me, e che per qualsiasi cosa di cui io abbia bisogno lei ci sarà, sempre.
La mia Mamma: lei è la mia vita.
Dopo che ci siamo sentiti io percepisco ancora il suo amore. Lei mi capisce, anche se non parlo. Sa cosa sto per dirle prima che io proferisca verbo. Le vibrazioni del suo amore si propagano in tutta la mia vita.
Quella conversazione rappresenta l’aria che respiro, il sole che sorge e tramonta, lo sciabordio delle acque quando ci si siede in riva al mare, le nuvole che ballano felici nel cielo. I nostri cuori che battono con costanza, resilienza e generosità.
Ed ogni volta che la chiamo io vedo il suo sorriso, sento dalla sua voce che è felice perché sa che io sono lì per lei, fiera che suo figlio si sia ricordato di lei.
Questo per me e’ il rituale di ogni giorno, e come ogni rituale e’ rassicurazione, ritmo, contenimento, preparazione alla giornata che mi attende.
Ecco io credo che ciascuno di noi dovrebbe avere qualcosa di simile nella propria vita: un rito importante, che sia sentire una persona a cui si vuole bene, o curare un animale, far crescere una pianta… qualcosa che ci metta in contatto con il senso della vita e del suo fluire, cosi’ miracoloso e potente da farci sentire che siamo pura bellezza.
ovvero perché molti condividono le frasi celebri sui profili social ma il mondo continua ad andare a scatafascio.
Io proprio non ce la faccio: ogni tanto scorro velocemente Facebook o Instagram e vedo foto, magari selfie, di persone con le tette di fuori o con i pettorali gonfi, la boccuccia a culo di gallina (scusate ma e’ inutile girarci intorno) e la didascalia “La retorica è l’arte di governare le menti degli uomini.” Platone
Lei è l’unica a poterselo permettere.
Ecco, in quel preciso instante mi fermo, rimango sconcertato, rileggo concedendo il beneficio del dubbio, poi mi rendo conto che e’ tutto vero, ha veramente pubblicato l’abbinamento culo di gallina/Platone, quindi alzo gli occhi al cielo e … continuo affranto a scorrere.
E mi vengono alcune semplici domande: vuoi postare una foto di te in costume ma non hai il coraggio di farlo? Pensi che pubblicare una foto con la frase di qualche filosofo ti dia un’aria più intelligente e composta? Ti sei comprato degli occhiali con lenti finte e vuoi mostrarti intellettuale fino in fondo? Hai scelto Platone perchè fa rima con “alettone” cioè l’oggetto che il tuo fidanzato ha da poco piazzato sulla sua 500 abbart?
Vi 🙏 ☺️
Ecco, ti prego fermati un attimo, abbi pietà del genere umano, un filo di rispetto per te stesso e poi NON farlo.
Ma se proprio hai l’incontenibile bisogno di mostrare le tue burrose formosità o i muscoli che hai gonfiato in palestra fino a cinque minuti prima (magari ti si fosse gonfiato altro), allora ti suggerisco io la frase: ““Il rumore non dimostra nulla. Spesso una gallina che ha semplicemente deposto un uovo schiamazza come se avesse fatto un asteroide” Mark Twain.
Farai almeno ridere qualcuno.
Bellezza sarebbe invece avere la pazienza di leggere i libri da cui sono state tratte le frasi celebri e gli aforismi trovati a caso sul web, cercare di capirne il significato e provare a farle proprie. Il mondo sarebbe ancora più bello.
Recentemente Davide ed io abbiamo avuto la fortuna di fare una visita privata, con guida d’eccezione, al museo Lavazza di Torino.
Il set del famoso spot
La mia cara amica MT ci attendeva alle 16 all’entrata della nuova sede Lavazza, che la famiglia ha fatto costruire in Aurora: un quartiere non certo nobile o ancor meno bobo (abbreviazione di bourgeois-bohème, individuo appartenente al ceto borghese o alto-borghese della società parigina), al contrario molto popolare, reso però straordinariamente bello dalla Nuvola.
La Nuvola si chiama cosi’, spiega MT, “perché dall’alto sembra proprio una nuvola, e l’architetto ha vinto la gara perchè il suo era il progetto più sostenibile di tutti”. Centoventi milioni di euro investiti dalla famiglia non solo per l’Impresa ma anche per gli abitanti del quartiere Aurora; eh si, perché gli spazi esterni e la mensa sono aperti a tutti.
Questo luogo incredibile ospita il Centro Direzionale dell’azienda ma anche uno splendido museo di cinque sale, una più bella dell’altra: un percorso retorico di scoperta, emozioni e tanta tanta passione per l’educazione.
Continua MT: “se ci pensate il caffè è stato il primo social network al mondo ….ci prendiamo un caffè?” Ed io rimango folgorato. Ma è vero! Bere una tazzina di quella miscela è un atto che dura dai tre ai cinque secondi ma attorno c’è un mondo, lo stesso che Luigi Lavazza volle riproporre nel suo primo bar, aperto con una cambiale da 50 lire in via San Tommaso 10 in Augusta Taurinorum.
Il nostro percorso si snoda tra la sala della storia, con l’albero genealogico della famiglia, fino alla riproduzione della fabbrica di Settimo dove vengono realizzate le miscele del caffè Lavazza, ormai sinonimo di prodotto in tutto il mondo. Poi MT ci chiede: “sapete perché lo chiamiamo Espresso?” Uhm effettivamente no… “al Bar Ligure di fronte alla stazione di Porta Nuova venivano serviti i caffè, uno per ogni espresso che partiva da quei binari……” Pazzesco! ed io – torinese doc – pensavo che l’espresso fosse stato inventato a Napoli.
Proseguendo abbiamo poi osservato la macchina speciale che fa il caffè durante le missioni spaziali e ancora il “caviar coffee”, nato dalle sperimentazioni di chef stellati alle prese con questa sfida. Ed ecco ancora i quaderni su cui Luigi Lavazza annotava i chili di caffè acquistati dalla sua drogheria torinese (che splendida grafia tra l’altro!) e i meravigliosi ed iconici scatti degli artisti fotografi per il mitico calendario Lavazza .
Immagini dei calendari
Prima di entrare nell’ultima sala, dove ci viene servito un aperitivo a base di Campari e Caffè (strepitoso!!!), MT ci regala ancora un’emozione: un camper che il signor Lavazza aveva attrezzato per andare nelle piazze a far assaggiare a tutti la sua sublime miscela; erano gli anni 50 ed i “roadshow” pubblicitari sarebbero stati inventati anni ed anni dopo…
Il camper
Luigi Lavazza fece due viaggi importanti nella sua vita: il primo da Murisengo, dove era nato, fino a Torino (per i primi del novecento era già un bel viaggio); il secondo in Brasile, dove ando’ scoprire quali miscele avrebbe potuto creare.
Ma quanti viaggi ha fatto fare al suo caffe’! In treno, nello spazio, su un camper, in tutto il mondo e soprattutto nell’immaginario di ciascuno di noi. Solo la mente di un instancabile viaggiatore puo’ creare tanta bellezza!
Esistono mille regole per un cameriere che deve servire un potage a tavola, o preparare una mise en place; anche il suo abbigliamento e’ codificato con cura. Ci sono persino scuole che insegnano ad impilare piatti e posate senza farli mai cadere.
Io credo che ci vorrebbero anche un po’ di regole per essere dei buoni clienti.
Ci avevate mai pensato? Molti ritengono che basterebbe rispettare la buona educazione, ma secondo me non e’ sufficiente.
Andros Boutique hotel Cape Town
Cio’ che va aggiunto in dosi adeguate, proprio come nella preparazione di un buon piatto, sono tre ingredienti essenziali: rispetto, gentilezza e collaborazione.
Rispetto. Di fronte a noi abbiamo una persona che sta lavorando; non solo: sta lavorando per farci star bene, ci serve pietanze e piatti che dovrebbero soddisfare il nostro palato e lo fa con dedizione, attenzione e grazia. A tale proposito mi ricordo il butler dell’Andros Boutique Hotel a Cape Town, un uomo di colore che aveva trasformato la sua vita in arte del servizio: vi posso garantire che avrebbe potuto insegnare grazia, attenzione, perfezione e generosità a tanti di noi.
Gentilezza. Quando siamo al ristorante ci aspettiamo di essere serviti mentre discutiamo con i nostri commensali, e di rado ci rendiamo conto che il sommelier che sta versando il vino è una persona; e’ importante ricambiare la sua attenzione con un sorriso ed un grazie e interrompere per un attimo una conversazione che sicuramente non lo/la riguarda. Recentemente siamo stati a pranzo da Stratta in piazza San Carlo a Torino: un locale in cui si respirano tanta esperienza e superba professionalità; uno dei camerieri a cui ho fatto proprio questo complimento mi ha ringraziato dicendomi che le mie parole valevano più di una mancia, perché ormai pochi sono in grado di apprezzare la qualita’ del suo lavoro.
Il tea delle 17 all’Andros Boutique hotel
Collaborazione: avete mai notato la fatica cui a volte sottoponiamo chi ha il compito di raccogliere le ordinazioni oppure i piatti? Io credo sarebbe bellissimo se al nostro tavolo all’arrivo del cameriere si smettesse di parlare (abbiamo tutta la vita per farlo) e si ascoltasse attentamente la persona che sta descrivendo i piatti da gustare… anche se si tratta della solita lista di “…profitterol, tiramisù, panna cotta, creme caramel e chipiùnehapiùnemetta”.
Ah che hotel favoloso! ❤️
Regole molto semplici che costituiscono gli ingredienti segreti per un’esperienza di vera bellezza, e che renderanno straordinari anche i piatti piu’ banali.
Guida semiseria alla quarantena, dedicata soprattutto ai Mariti.
Ricordo perfettamente il sabato sera successivo alla chiusura: avevamo in programma una cena a casa di un’amica ed io mi rifiutai categoricamente di stare a casa. Uscimmo a piedi per andare da Nadia, a circa 4 chilometri da dove viviamo. Davide ogni tre minuti mi ripeteva “tra un pò arriva la polizia e ci arresta” ed io “zitto! non menare sfiga!”. La polizia non arrivò … arrivarono i carabinieri.
Carabiniere 1: “Cosa fate in giro?”
Noi: ” ehm…una passeggiata…”
Carabiniere 2: “E dove vivete?”
Io: “in corso tal dei tali”
Carabiniere 1: “ah a 2 km…camminate parecchio vedo…”
Io: “Torniamo a casa?”
Loro: “Si, bravi”.
Nel tragitto verso casa pensai affannosamente a un paese dove poter fuggire perchè mi sentivo in gabbia. Davide mi osservava sconsolato, guardandomi come se fossi matto. Come dargli torto?
Ovviamente non partii, ma decisi di affrontare la cosa di petto con una filosofia molto semplice: “Non puoi sconfiggere il nemico? Fattelo amico!”
E cosi’ inizio’ una fruttuosa alleanza tra me, Davide ed il lockdown.
Una premessa doverosa: casa nostra è piccola, molto piccola; 52 metri quadri (il terrazzo 60, ma faceva un freddo porco a marzo quindi era inutilizzabile).
Alla fine per noi e’ stata un’esperienza quasi Bellissima, ed ecco come abbiamo fatto.
Divisione dei compiti: ogni faccenda domestica porta via tempo ed energia, dunque e’ fondamentale un’equa divisione delle responsabilità. – Mariti: anche se non andate in ufficio non siete in vacanza, quindi NON potete stare con la vostra panzona sul divano! Non lasciate vostra moglie a sgobbare e correre dietro a figli, cani, gatti, pappagalli e mosche.
Il nostro tea delle 17 💙
Orari di riposo normali: non dormite fino alle 12 solo perche’ siete a casa, la giornata è da vivere insieme! – Mariti, alzateviiiiiiii anche voi, si si si insieme a vostra moglie! Aiutatela a preparare la colazione per le creaturine che sono i vostri figli, la giornata avrà tutto un altro sapore, giurin giuretta!
Cibo: io uscivo spesso a fare la spesa, mi serviva per pulirmi il cervello e per spendere dei soldi (sono io quello con le mani bucate). – Mariti: fare la spesa non significa acquistare birra, patatine e whisky per uccidervi di Fonzies come se non ci fosse un domani! Ah, se proprio dovete ingollare Fonzies, pulitevi ‘ste mani che il divano si macchia! (non vale ciucciarsi le dita eh!).
Sport: praticare yoga o attività fisica è fondamentale per vivere bene ed essere sereni. – Mariti, ora non avete più scuse: muovete ‘sto culone, smettetela di guardare quei ventidue dementi che corrono dietro ad una palla e trasformatevi da palloni gonfi a un normale essere umano.
Tempo: la coscienza di avere tanto tempo a disposizione è fondamentale; sapere che forse non vi capiterà più è straordinariamente importante per non sprecarlo. – Mariti se per voi il tempo è cibo, lavoro, calcio e fantacalcio: iniziate a immaginare anche dell’ altro. Esiste. Fidatevi.
Attività ludiche: ci siamo inventati la qualunque, dal dipingere la casa (era la prima volta e giuro sarà anche l’ultima, altrimenti Davide mi lascia) a preparare il “Dejeuner sur la terrasse” (un vero e proprio pic-nic sull’erba) oppure il tea delle 17: (un sontuoso te’ in stile british). – Maritiniiiiiii: dimostrate che sapete fare anche qualcos’altro oltre alle mosche per andare a pescare oppure riparare le ruote della mountainbike… ah, chiudervi in camera facendo finta di fare call e guardare le donnine nude sullo schermo non è valido.
Shopping: ogni tanto mi concedevo uno sfizio, come gratificazione più che altro psicologica. – Mariti belli dico ancora a voi: concedete alla famiglia l’utilizzo del plafond mensile che vi create facendo la cresta sulla spesa, tanto le vostre mogli lo sanno!
Impaginazione perfetta eh? 😍
Abbigliamento: vestiamoci bene anche in casa è il mio mantra. Non significa indossare lo smoking, ma passando ore ed ore a contatto con le persone che amiamo è fondamentale non essere sciatti, trasandati e poco curati, altrimenti dove va a finire l’ammmore? Mariti: buttate via quella orrenda tuta dell’Adidas anni ’80 che ormai non vi sta più sul culo non solo perchè vi si e’ rammollito tutto, ma perchè a forza di lavarla è diventata piu’ moscia delle tette di mia nonna bis.
Ma soprattutto abbiamo evitato di fare 3 cose, e vi consigliamo caldamente di evitarle anche voi:
Van e Gogh 😂
Non abbiamo cantato dal balcone: sarebbero scappati tutti
Non abbiamo appeso la bandiera “andrà tutto bene”; pensate l’avessero appesa tutti, non saremmo semplicemente al secondo lockdown: il mondo sarebbe direttamente imploso.
Non abbiamo comprato il lievito: c’è già così tanto meteorismo in giro che proprio non ce la sentivamo di aumentare la produzione di gas serra.
La bellezza? Vi prego non cantate, non inventatevi altre frasi demenziali e cucinate senza lievito. Sarete co-autori di un mondo migliore.
Avete mai sentito qualcuno pronunciare la frase: “lei non sa chi sono io?”
Immagino di si, un sacco di volte. O magari l’avete solo letta.
Avete mai visto qualcuno che si arrabbia tantissimo per una cosa veramente piccola?
Avete mai partecipato ad una riunione in cui vi viene detto in tono di rimprovero: “ma non è possibile che i clienti non vengano da noi!”.
Ecco a me si, un sacco di volte. Ed ogni volta ho pensato: “Scusa? Ma ti rendi conto che non esisti solo tu al mondo? No perchè forse dovrei ricordarti alcune cose…
Stelle: 300 milioni nell’universo, di cui 4000 visibili ad occhio nudo.
Terra: 40.075 km la sua circonferenza; noi se siamo bravi ne camminiamo 4 al giorno.
Abitanti: 7 miliardi e mezzo al mondo; ogni minuto nascono 140 persone, che proprio come te e me rappresentano lo 0,01% di vita sulla Terra. In compenso abbiamo già distrutto l’83% delle specie.
Intelligenza: il maiale ha un livello di intelligenza superiore a quello di altri simili, ma noi lo riteniamo un porco.
Longevità: lo squalo della Groenlandia (Somniosus microcephalus) misura tra i 6 e i 7 metri di lunghezza e vive circa 392 anni.
Ogni secondo, gli utilizzatori mondiali di e-mail producono messaggi per l’equivalente di 16.000 copie dell’opera completa di Shakespeare.
William Shakespeare ha inventato oltre 3000 parole, ad esempio “fashionable”.
Ecco, le iniziali delle parole che ho usato per gli esempi precedenti compongono STAI LOW, ovvero Stai Molto Calmo, o meglio “pisa pi’ curt”; o per dirla alla Shakespeare, smettiamola di fare “molto rumore per nulla”; rassereniamoci che se proprio ci va di “culo” con l’aspettativa di vita media che abbiamo un altro covid non ce lo dovremmo beccare 🙂
La bellezza in tutto questo? ricordarcene ogni volta che qualcuno ci taglia la strada, o quando pensiamo che essere amministratori delegati di un’azienda sia la cosa più figa, o ancora che noi siamo i migliori e dunque gli altri non sono nessuno.
E’ il titolo di un film del 2009. Non e’ certo da Oscar ma chiarisce una verità importante: se non ti cerca è perché non ti vuole. Quante volte ci siamo cascati?
A me è successo un po’ di volte. Conoscevo un ragazzo, lo corteggiavo, uscivamo a cena; il giorno dopo lo chiamavo, lo richiamavo e lo cercavo ancora: ero sempre io a sollecitare l’incontro. Poi iniziavo a chiedere consigli alle mie amiche, e mi dicevo: “beh se non mi cerca forse e’ perche’ non ha tempo” oppure “sicuramente non legge i miei messaggi perche’ ha un cellulare vecchio” o ancora “non mi ha risposto perchè non ha sentito squillare il cellulare” e cosi’ via…
Balle, tutte balle! Non era minimamente interessato al prodotto!
Un mantra da ripeterci sempre è: “se il giorno dopo non mi cerca o visualizza il mio whatsapp ma non risponde è perché non mi vuole. Avanti il prossimo”.
E fateci caso, questo errore lo facciamo anche in altri ambiti. Se non riceviamo un “bravo” al lavoro, pensiamo “il mio capo non ha avuto tempo”, invece che un onesto “ho semplicemente fatto il mio dovere”. E ancora: “non dico a Laura che sta sbagliando se no la faccio soffrire”. La verita’ e’ che non glielo dico perchè non ho il coraggio di affrontarla dicendo le cose come stanno!
Difficile vero? Eh si.
Ora non voglio fare della filosofa spiccia, ma come sempre uno schemino per aiutarmi a dare delle risposte ai problemi della vita me lo sono fatto!
Provo a riassumerlo con una sigla: IF. Che in inglese vuol anche dire SE. Se penso a perche’ faccio un errore, smetto di farlo.
IF come le due grandi cause dei nostri errori di valutazione: Insicurezza e Fame.
Insicurezza prima di tutto perché abbiamo una paura tremenda di rimanere soli. “No man is an island”, quindi spesso andiamo alla disperata ricerca di un’ anima gemella, o anche solo sorella, ma ci facciamo bastare pure un’anima cugina a volte… e quando la troviamo, anche se nel nostro cuore sappiamo che non e’ quella giusta, ci accontentiamo.
Eh si mi piaccio tanto 🤗
Abbiamo anche paura del fallimento: pensare di non essere apprezzati provoca angoscia e disperazione. Siamo fragili, tormentati dal senso di colpa fin da quando eravamo bambini (a me a scuola dicevano sempre: “devi confessarti! hai commesso peccato! Per riuscire nella vita devi fare molto di piu’ e molto meglio!”); cosi’, anche quando nel nostro intimo sentiamo che la nostra storia non andra’ lontano, pur di non ammettere un fallimento andiamo avanti, peggiorando solo la nostra frustrazione.
Fame: vi ricordate il mitico discorso di Steve Jobs: Stay Hungry, Stay Foolish? (Siate affamati, siate folli) Siamo un po’ cresciuti con il mito di questa fame. Fame di emozioni naturalmente, perché noi vogliamo il cuore che palpita, ne abbiamo un disperato bisogno. La filmografia americana ci ha ripetuto milioni di volte come deve essere la storia perfetta: lui e lei si incontrano, si amano in modo spudorato, poi qualcuno o qualcosa li separa ma alla fine va tutto bene. Quindi anche se un po’ sappiamo che il mondo non funziona proprio così, vogliamo che almeno la nostra storia d’amore sia un po’ da film, desideriamo raccontare alle nostre amiche che siamo i protagonisti! A tale proposito vi consiglio una serie su Netflix, il titolo è SKAM, racconta con dialoghi molto raffinati le emozioni e le scoperte che si fanno ai tempi del liceo. Straordinaria: l’ha approvata anche Michela Murgia 🙂
Come fare quindi a scavalcare il grande IF? Beh io ci sono arrivato dopo un pò di porte in faccia e con un grande lavoro su me stesso.
Oggi per me l’importante e’ stare bene… con me: mi piaccio e mi sento realizzato. Sono nel pieno della mia vita, ho accettato le mie rughe e i capelli sale e pepe, e convivo con i miei limiti (due Keepall di Vuitton non bastano).
Ho avuto la fortuna di incontrare Davide che mi fa stare meglio di come starei da solo. (vedi articolo su di noi Ecco)
Sono anche padrone del mio tempo: non voglio investirlo inutilmente, distinuguo bene le mie priorita’ dai semplici divertissememt (a tal proposito Ecco cosa ho scritto).
In fondo dirsi la verità significa solo accettare che ognuno ha i propri gusti: noi possiamo non piacere a qualcuno ma siamo belli a prescindere! Ma solo amando noi stessi mostreremo la nostra immensa bellezza a chi vorra’ vederla. E solo amando noi stessi riusciremo a vedere la bellezza ovunque, perche’ avremo imparato a cercarla.
Ieri sera sono andato da Danielina, la mia “strappapeli” di fiducia, che oltre ad essere una “cultrice del pelo” (va alla ricerca spasmodica e smodata di tutto ciò che spunta fuori dalla pelle e se ne appropria come un bambino farebbe con la nutella) è anche una cara amica e dunque ci raccontiamo tutto.
Ammetto che le sedute da lei sono ambigue e dolorose; se qualcuno poggiasse l’orecchio alla porta sentirebbe me strepitare: “Basta, basta ti prego!” ritmato da un mugugno di sottofondo e ancora: “Questa è l’ultima volta che vengo!”(!!!) accompagnato da un ansimare innaturale. Che ci volete fare? A me fa un male pazzesco soprattutto sotto le ascelle, e più mi sforzo di fare finta di niente peggio è: sento il male ancor prima che Danielina applichi la cera sulla porzione di pelle.
Fate un po’ voi, anzi se avete dei consigli fatevi avanti.
Dunque quando sono da lei la obbligo a parlare, parlare, parlare (non e’ uno sforzo, intendiamoci: non sta zitta un attimo) per distrarmi dalla tortura medioevale. Il problema è però che disquisendo dei suoi rari incontri amorosi (magari ne avesse di più), arriviamo sempre al punto di cui mi narra della totale incompetenza amatoria dei suoi partner, oppure di come i suoi uomini non riescano proprio a gestire una relazione extra coniugale (sul tema leggi anche il mio articolo sul mito della caverna: Eccolo). Dunque lei parla, si infervora, la sua rabbia aumenta e si sfoga su di me. Ecco perché soffro.
Da un pò di tempo frequenta un uomo sposato ma le “peripezie da materasso” sono insufficienti… lui non riesce a trovare scuse per fuggire alla chetichella, raggiungerla, assaporare la mela del peccato e rientrare al desco famigliare. “Non si sa organizzare!, dice Danielina tra uno strappo e l’altro , mi fa solo perdere tempo! e via altri 309 peli. Ahi! urlo io e lei aggiunge sadicamente “anche se c’é l’occasione non la sfrutta: ha paura, l’omino!” aggiunge con sguardo satanico mentre gira il coltello nella ciotola di cera fumante.
Quando finalmente abbiamo terminato il fronte passiamo alla schiena e senza soluzione di continuità procede : “non sa fare il marito, tantomeno l’amante e quindi non e’ un uomo”. A quel punto sono folgorato, mi giro, quasi a scansare una coltellata densa di cera calda e colante, e concludo: “tesoro ma ti rendi conto che hai detto la cosa peggiore che un uomo potrebbe sentirsi dire?” Cioè io mi ucciderei… Ecco il perché.
Il complicato equilibrio di un amante 😂
O amante di Danielina…
Non sai fare il marito: chiaro, se fossi un buon marito forse forse non andresti alla ricerca dell’erba del vicino, o sbaglio?
Non sai fare l’amante: passi l’infedelta’ (chi è sempre stato fedele – fantasie comprese – alzi la mano) ma almeno impegnati come Amante, santa polenta! (bella questa esclamazione vero?)
Non sei un uomo: è evidente! L’uomo è uomo e ha da puzzà, o puzza nel talamo suo o va a puzzare nel letto di altre. E’ basico, semplice, evidente.
Danielina mi guarda e mi chiede “E allora?”
Amore mio, intanto la prossima volta col cavolo che ti faccio parlare perché non solo mi hai fatto il peli del petto e delle ascelle ma poco ci mancava che presa dalla foga mi spalmassi la crema sulla barba e poi tesoro santo e tenero, rilassati e trovatene un altro.
Ecco quindi il Postulato circolare del MAU (Marito, Amante, Uomo): signore sposate: se vostro marito non rende più probabilmente ha un’ amante; fatevene uno anche voi. Donne, se l’amante non ha mestiere (a letto e fuori), diffidate e cercatene un altro; femmine: se quello che cercate e’ un uomo vero… allora provate con una donna. Magari estetista.
furono le parole che pronunciò mia mamma quando nella mia cucina le dissi: “mamma io sto con un ragazzo”.
Le parole più semplici, belle e cariche di amore che un genitore possa dire al proprio figlio. Già perché in quella frase non c’era un “ok stai con un uomo e lo accetto”, ma andava oltre: “comunque tu sia – brutto, bello, alto, basso, intelligente o zuccone, con i capelli neri o tinti biondo platino noi ti amiamo per ciò che sei”.
Ed è proprio questa secondo me la bellezza di mettere al mondo dei figli: volere il loro bene, sul serio, non a parole. I film sono una cosa, la vita è altra.
Noi ci piacciamo 😘
La verita’ e’ che ho avuto piu’ paura io a vivermi, di quanta ne abbiano avuta loro. Vi spiego meglio.
A me i maschi sono sempre piaciuti, fin da bambino; magari per altri non è stato così, ma per me si; pero’ si sono infilate in mezzo l’educazione religiosa con il suo stupido senso di colpa, le regole sociali condivise tipo – un maschio deve stare con una donna!- ma soprattutto io avevo paura di dire a me stesso che non ero una pera ma una mela, che a me non piaceva il rosso ma il verde, che io non adoravo andare in montagna ma al mare, che io non scrivevo con la destra ma con la sinistra.
Durante gli anni dell’adolescenza e della giovinezza ero bloccato, avevo paura di commettere un errore, di fare brutta figura, di uscire dai canoni sociali, di non essere come invece avrei dovuto. Non mi sono vissuto, nemmeno di nascosto, nulla. Fermo, piatto e calmo come un lago verso l’imbrunire, quando ormai soffia solo più un refolo di vento ma nulla muove perché non ne ha la forza.
Pensate alla differenza enorme tra queste due semplici affermazioni: “mi piace o non mi piace”, contro “è giusto o non è giusto”. Piace a tutti voi il caviale? E il tartufo? Adorate tutti il formaggio?
Troppe volte ci lasciamo guidare dalle regole sociali, religiose o di buon costume; poche purtroppo dal vivere la nostra pienezza, dal godere di noi così come siamo: nudi, crudi, veri, semplici e belli allo stesso tempo.
Come vedete non ne ho fatto una questione di “si nasce o si diventa?”, “accettare la diversità”, “apertura verso gli altri”.
Balle, balle ed ancora balle. Qui si tratta semplicemente di avere dei gusti. E non tutti sono alla menta, fortunatamente.
Oggi, all’età di cinquant’anni ho capito che la bellezza sta proprio in questo: rispettare i propri bisogni innanzitutto, poi quelli degli altri soprattutto quando ci riguardano! Solo cosi’ possiamo finalmente vivere la pienezza del nostro essere nell’accettazione di pregi, difetti, limiti e capacità. E se mi guardo attorno io vedo tanti amici che mi cercano, che vogliono stare con me, che hanno il desiderio di incontrarmi, di avere un mio parere, di praticare yoga insieme, lavorare con me o più semplicemente scrivermi un messaggio.
Ma la bellezza più grande è sapere che io sono la sintesi di due persone – mio papà e mia mamma – che nella loro semplicità sono sempre andati oltre la meschinità sociale, l’ignoranza, la bassezza, la paura; ed oggi io come uomo sento la grande responsabilità di fare in modo che anche solo una persona tra di voi colga questo messaggio, lo faccia proprio e mi aiuti a creare bellezza.
Sono le figlie della mia amica Laura, per chi mi segue un pò sui social sono quelle due meravigliose creature con cui faccio spesso delle asana di yoga improbabili ma molto divertenti.
I miei tesori ❤️
La scorsa settimana Alice ha fatto la prima comunione, e la sua mamma le ha regalato uno stupendo abito di Twin Set investendo una fortuna. Quando Laura mi chiese se fosse un acquisto sensato io le dissi immediatamente di si: Davide ed io avevamo appena regalato un giubbotto di pelle (sintetica) alla sorella Amelie, dunque sarei stato un pazzo a suggerirle il contrario… ma mi fermai un attimo e le dissi: “però voglio scrivere loro una lettera”. Ed eccola qui.
Bambine, voi siete la mia luce; quando sono con voi dimentico tutti i problemi perché a malapena mi concedete un attimo per respirare: da quando mi vedete ed iniziate a chiamarmi “mauriiiii, mauriiiii” e mi coinvolgete nei vostri indimenticabili e veri discorsi a quando ci salutiamo e la vostra domanda è “Quando ci rivediamo?”. Emozioni forti, indiscutibilmente uniche per una persona come me che non avrà mai dei figli.
Alice, la mamma non ti ha solo regalato un pezzo di stoffa, la mamma ti ha regalato creatività, ricerca, innovazione, coraggio, buongusto, eleganza, sofisticatezza e bellezza. Si, perchè la moda è questo; i superficiali e gli invidiosi ti diranno che è un marchio, che il vestito è bello perchè il colore blu ti sta bene o perchè c’era del tulle: gli amanti della bellezza sapranno che la tua mamma ha investito del denaro per esaltare la tua figura e farti apprezzare tutti coloro che sapientemente hanno saputo andare contro corrente e forgiare bellezza.
Cane a faccia in giù 😂
Amèlie, tesoro mio, Davide ed io ti abbiamo voluto regalare un’emozione: vederti felice e sentirti domandare “lo posso mettere subito?” ha confermato che avevamo fatto la scelta giusta. Osservarti mentre scorrazzavi per le vie centrali della città con fierezza perché ti piacevi e ti sentivi a tuo agio è stata per noi la gioia più grande. Ricorda piccolo diamante che solo tu potrai decidere come essere e come apparire, che ricordo lasciare di te ad una persona che magari ti vedrà per cinque minuti o ancora che emozione suscitare nel tuo amante. Gli abiti, gli accessori ed i profumi che sceglierai saranno il tuo sigillo sul mondo.
Bambine, voi siete pura bellezza perchè siete limpide, splendide e vere, non abbandonate mai il vostro tempo qui ed ora, abbiate sempre il coraggio di spezzare la monotonia della ripetizione, continuate a viaggiare, leggere e sorridere perchè solo così continuerete a creare bellezza.